La scianne

 

   Il fotogramma del servizio sul campo nomadi di Pescara passò rapidissimo sul video, ma non tanto da permettermi dì selezionare l'immagine della gitana che cullava un piccolo nella carrozzina.

   La cosa in sé poteva riuscire sorprendente solo per il fatto che in mezzo a tanto squallore il quadretto confermava la valenza dappertutto dell'amore materno.

   Invece restai colpita solo perché la gitana non usava la carrozzina come l'usano tante mamme quando se ne ser­vono per far addormentare il bambino, ovvero spingendola avanti e indietro per assecondare il movimento delle ruo­te, ma ne tendeva il bordo laterale con la mano e l'agitava.

   E sì, perché se il gesto era quello avito, la presenza delle ruote non consentiva il dondolio dolce ed ingannato­re del cullare.

   Alte e capaci, tanto da contenere due bambini “une a ccape e l'addre a ppide” nei partì ravvicinati delle donne di un tempo, medie o piccole e poco ingombranti tali da poter seguire in ogni am­biente la donna che magari con un piede "annazziché" mentre con le mani la­vorava, perché mai "le scianne" (latinamente "le cúnele" nelle varianti dialettali) sono state così caparbiamente rifiutate dalla moderna cultura dell'infanzia?

Antigieniche e insicure, tant'è.