Lu cántere
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Live su cántere da
mmezze a li pìde! -
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Pare nu cántere! -
In contesti
siffatti il termine viene riferito a qualche oggetto sempre a forma di vaso, ma
ingombrante e nient'affatto di gusto. Credo, tuttavia, che se pur usato in
qualche espressione, sia ben difficile oggi recuperare funzione e cultura del
vocabolo in questione.
Nobile
parola che discende dal nobilissimo "cántharos" greco (lat. cantharus) "vaso da bere con
larga apertura e larghe anse a forma di orecchie, talora più alte dell'orlo", "lu cántere" negli usi e costumi
d'altri tempi, era una specie dì grosso vaso panciuto che, chiuso da un
coperchio, troneggiava in bella vista e serviva a raccogliere i bisogni
corporali di necessità notturne ed altre evenienze in campagna, perché di
giorno si poteva assolvere in altro modo (stalle, fratte o piccole cabine a cannizzate con fantasiose soluzioni per il water), mentre
in paese serviva anche per le necessità diurne. La raccolta dei liquami veniva
fatta a cadenza periodica.
L'oggetto non riesco a ricordarlo in uso da
noi (ebbi invece modo di vederlo in occasione di un breve soggiorno a San
Severo ed ero grandicella), ma un episodio coloritissimo legato "a
la vite de li Mancine"
fa riferimento "a lu cántere" in una funzione insolita
che la dice lunga sulle risorse di una delle due protagoniste.
Litigavano
"la Gissare e zâ Tassine pe' la
sci e pe' la nno" e s'accapigliavano e s'ingiuriavano dando fondo a un repertorio
vastissimo di "te puozza,..".
"Nu juorne", al colmo dell'esasperazione, "la Gissare" tirò fuori
"lu cántere,
le scrucchette ‘mmezz'a ll'are, spranghette la porte" e lasciò "za Tassine" a continuare la requisitoria.
Come dire "dille a lu cántere, ca j' n’ t'ascodde cchiù!" .