Lu talórne

 

   - Studijete ca mo’ revé cullù e te le siente lu talórne! - 'N te fa vvedé se nno te siente che talórne! Cullù identificava l’ille, quello, il noto e perciò innominabile e innominato, marito, padrone, paterfamilias.

   Per il suo rientro le consegne dovevano essere tutte quante eseguite; uscire dal limite segnato del suo territorio comportava l'agire di soppiatto. Pena un sordo, monotono, persistente, rancoroso sentenziare.

   - Sta p'ariminì che lu talórne!

   Si ricompattavano le file; grandi e piccoli, ognuno a! suo posto, attenti a non fornire "ccasïune pe' fareje acchiappà' lu talóme", una situazione temuta, e perciò l’impegno condiviso da tutti.

   E tuttavia "li taluórne", "ccasïune" o no, finivano per rappresentare un quotidiano rosario (era perfino rassicurante!) tanto da avvertirne la mancanza (coma è cancore acchiappe lu talórne?).

   Nel lessico dei rumori il vocabolo ne identificava uno monotono e noioso, prioritariamente quello della "mangínele" o "ciávele sull'aia, di qui il riferimento ad ogni operazione o cosa che procurasse noia e insofferenza.

   -Avaste nghe su talórne!