Gli aspetti storici

   Quello che voleva essere un'annotazione curiosa è diventata, grazie al prof. Antonio Iarlori, una "lezione" di storia locale.

   Infatti ho ricevuto, da parte del prof. Iarlori, una gradita lettera sulle lapidi toponomastiche, che ha ampliato il semplice lato di curiosità dell'argomento, portando il tutto ad un livello storico, che ci permette di conoscere meglio la nostra San Vito.

   Riporto di sotto le precisazioni del prof. Iarlori.

   Caro Walter,
a proposito delle foto delle lapidi toponomastiche che hai pubblicato mi permetto di fornire un ulteriore contributo sia dal punto di vista ortografico, ma soprattutto storico.

   È curioso far notare, ad esempio, come la lettera “N” di Strada della Filarmonica sia scritta rovesciata rispetto all’uso consueto.

   Le suddette lapidi, come del resto le altre presenti nel centro storico, ci raccontano di un passato sconosciuto ai più. La lapide intitolata a Stanislao Gastaldon è stata apposta a ricordo del musicista torinese autore della famosa romanza “Musica proibita” (quella dal ritornello “vorrei baciar i tuoi capelli neri, le labbra tue ecc.. ecc.. ) utilizzata anche qualche decennio fa per pubblicizzare un prodotto della salumeria italiana.

   In un opuscolo del 1926 edito ad Ortona si narra di questo musicista nato a San Vito nel 1864 dove “..l’armonia della nostra terra affascinante gl’ispirarono il culto della musica.” È tutto falso perché a San Vito nacque il fratello “Guglielmo Giovanni Battista Filippo” mentre il fratello musicista “Martino Stanislao Luigi” nacque a Torino l’8 aprile 1861 e morì nel 1939.

   “Strada della Filarmonica” sta ad indicare che in quella strada vi era la sede della “Filarmonica di San Vito Chietino”. Negli ultimi decenni del 1800 la direzione della Filarmonica, supportata finanziariamente dal Comune, era affidata al M° Rodolfo Luise di Pescara, che per la propria orchestra chiedeva al Comune di invitare le famiglie a mandare i propri figli a lezione richiedendo, in particolare, la presenza dei figli degli artigiani che già erano avviati al lavoro ritenendo che la loro manualità favorisse un naturale apprendimento nell’uso degli strumenti musicali. Chi ricorda i vari componenti delle “orchestre” di San Vito degli anni 40 e 50 del secolo scorso, infatti, ricorda anche che erano falegnami, muratori, calzolai ecc..
Da sottolineare come anche l’abitazione del padre di Francesco Paolo Tosti, fornaio, dava sulla stessa strada ed il sentire la musica quasi tutti i giorni certamente abbia favorito la propensione alla musica sia di lui e poi del figlio.

   La lapide di “Vico Salvatore” ci ricorda come la chiesa che comunemente chiamiamo “S. Francesco” è in realtà la Chiesa del SS. Salvatore che ha dato il nome non soltanto alle lapidi poste ad est del rione “colle” (Vico 1°, 2° e 3° Salvatore), ma nei tempi passati tutto c.so Trento e Trieste e strade laterali era identificato come “Borgo del Salvatore”.