E’ in corso in questi giorni a San Vito Chietino, presso lo spazio espositivo “Pater” (acronimo di Padiglione Arte Territoriale), situato nell’ex palazzo municipale in piazza Garibaldi, un importante evento espositivo denominato “The wolf and the tiger – scultura italiana e coreana”. La mostra, curata da Maria Mancini e da Ko Chong Hee, ospita una selezione di opere su carta realizzate da diciannove artisti italiani e coreani degli ultimi cento anni. Nell’esposizione di opere d’arte viene proposta una mappa di percorsi differenti, con un ampio ventaglio di impostazioni linguistico-espressive, che dimostra la pluralità degli orientamenti tra le differenti generazioni e culture e suggerendo nello stesso tempo affinità creative e poetiche. «Siamo in presenza di una discorsività grafica estremamente varia e analitica – spiega la curatrice Mancini – ambiguamente oscillante tra una scrittura di immagini, impregnata da una fitta gestualità segnica e un linguaggio di rigorosa essenzialità. L’esperienza artistica – sottolinea Mancini – tende camaleonticamente ad avvalersi di un numero sempre maggiore di stimoli e competenze specifiche mediante l’adozione di un processo di contaminazione imputabile ad una coscienza contemporanea». Gli artisti si liberano di ogni dettame accademico per esprimere, con l’immediatezza del segno, tratti che tuttavia si incanalano in una struttura aderente ai principi fondamentali della scultura in un tessuto fatto di energie, percezioni e curiosità intellettuali. La creazione si basa sul meccanismo della verifica delle ipotesi e dei comportamenti sperimentali. Il segno si precisa talvolta come solco gestuale, con una certa irrequietezza e rugginosità quasi a voler evidenziare maggiormente il costante dissidio tra istintualità e lucida riflessione critica e autocritica. Talvolta, invece, si tramuta in una grafia leggera, dinamica, imprevedibile e soprattutto in perenne mutazione. Lo spazio a cui gli artisti si rivolgono è uno spazio strutturato da tratti verticali, nodi, accenti, punti, macchie e frammenti di partenze figurali, disposti su più linee ideali ma anche precipitanti liberamente per rendere più viva e pullulante la disseminazione. «Questa rosa di infinite proiezioni segniche – conclude Maria Mancini – riflettono l’esperienza vissuta da due nazioni, Italia e Corea, che da sempre operano in stretta relazione per valorizzare modelli espressivi e comunicativi in prospettiva di una politica culturale volta alla promozione e alla diffusione dell’arte». La mostra, aperta tutti i giorni dalle 17 alle 20, chiuderà i battenti il prossimo 10 ottobre.

                                                                              Vito Sbrocchi