“Porto San Vito. Mancato completamento. Manutenzione”.

   Il porto in San Vito, come tutte le opere incompiute ha la sua dolorosa storia.

   In un primo momento, in relazione alla legge 14 luglio 1907 n° 452, vennero eseguiti solo dei semplici lavori di protezione della spiaggia con opere sulla sponda destra del Feltrino. In seguito, e proprio mentre si eseguivano tali lavori, l’amministrazione comunale del tempo ravvisò l’opportunità, anzi la necessità di invocare la costruzione di un regolare porto, per quanto modesto nelle sue proporzioni, che rispondesse allo scopo di dare un sicuro approdo alle numerose imbarcazioni pescherecce (fonte di vita di un buon terzo della nostra popolazione marinara e base del nostro commercio), protezione della spiaggia esposta e possibile incremento commerciale (data la confluenza in San Vito della ferrovia dello Stato e della Sangritana – mezzo di comunicazione questo dell’ampio retroterra comprendente la vallata del Moro, dell’Aventino e del Sangro) . Le popolazioni interessate, specie Lanciano, hanno aderito a tale richiesta. Prospettata tale necessità ed utilità, le autorità superiori la sostennero e, dopo le opportune indagini ed esami, l’ufficio del Genio Civile di Chieti, a mezzo dell’Ing. Lo Gatto, redasse un progetto in data 20-5-1919 che prevedeva la costruzione di un approdo formato da un Molo Nord per una lunghezza di m. 215 con ripiegamento verso scirocco per m. 190 e da un Molo Sud per la lunghezza di m. 208.

  Tale opera è stata regolarmente approvata ma, per contingenze varie la esecuzione è stata limitata alla costruzione (e neanche completamente) del Molo Nord. Ognuno conosce quale e quanto danno abbia arrecato la mancata costruzione del Molo Sud perché, per le mareggiate che col prolungamento del Molo Nord, venivano a battere il tratto di spiaggia sotto flutto, si sono create delle profonde ed estese erosioni per cui è venuto a mancare la zona già destinata al tiro a terra delle numerosissime barche a vela e, per giunta, col tempo e l’aggravarsi dell’erosione, è venuto a mancare interamente l’ampia spiaggia riservata ai bagnanti e corrente del porto verso Sud, con abbattimento dei fabbricati ivi esistenti (specie la proprietà Dazio) e minaccia alla stessa ferrovia di Stato che, a protezione, ha dovuto creare e deve mantenere un’alta scogliera.

   Tali danni e tanto incombente pericolo è stato a suo tempo accertato e consacrato nella relazione del genio Civile di Chieti di cui la Prefettura ha dato comunicazione a questo Comune con nota n°1461/1163 del 7-2-1927 in cui tra l’altro si legge: “Relativamente alle lamentate condizioni della spiaggia di S. Vito, effettivamente si è dovuto constatare il progredire delle corrosioni prodotte dal mare nel tratto sotto flutto destinato, in parte, al tiro a terra delle barche da pesca costituenti quella flottiglia, corrosioni dovute allo avanzarsi del molo in mare ecc.”.

  Sin da allora il Genio Civile proponeva l’immediata esecuzione almeno di una parte del molo sud, ma nulla è stato fatto. Quando. Col passare degli anni, le condizioni dannose si sono aggravate determinando la riduzione delle barche pescherecce a vela e la conseguente miseria delle numerose famiglie dei pescatori (236 famiglie); la impossibilità di approdo dei motopescherecci, specie nei giorni di mare mosso; la eliminazione totale della spiaggia ed il conseguente minor afflusso dei bagnanti e minorato commercio locale, raccogliendo le nostre reiterate proteste il Governo con la legge 6/6/1940 n° 696, comprendeva il porto di San Vito per la costruzione del Molo Sud (sopraflutto), - in esecuzione cioè del cennato originario progetto Ing. Lo Gatto del Genio Civile del 20/5/1919 – approvato dal Consiglio Superiore dei lavori Pubblici nella seduta del 15/6/1919, considerando il porto di San Vito di terza classe della 2° categoria ai sensi del Testo Unico 2 aprile 1885 n° 3095. Ma anche tale legge doveva essere per noi una rinnovata beffa perché la preventivata opera non è mai stata eseguita ed ai nostri reclami il Ministero dei lavori Pubblici ha trovato comodo giustificare la mancata esecuzione non solo perché il fondo stanziato era stato assorbito, ma più ancora perché una Commissione composta dai Sigg. Camozzi, Tucci Dei e Viglieri (dopo oltre trent’anni dall’approvazione del progetto) avrebbe esclusa la possibilità del completamento del porto perché sarebbe stato soggetto ad interramento e che le opere stesse, se mai, dovevano far carico al Comune essendo il porto di quarta classe.

   In correlazione a tale tardivo parere, e a completamento della contrarietà fin qui manifestata al nostro paese, con nota n° 19823 del 23 ottobre 1950, l’ufficio del Genio Civile di Chieti, d’ordine del provveditorato alle Opere Pubbliche notificava che la spesa per l’esercizio e manutenzione del porto doveva gravare sul nostro Comune Tale comunicazione è stata reiteratamente con successive note dello stesso ufficio ed infine l’Avvocatura Distrettuale dello Stato con nota 16-6-1951 n. 2042 diffidava questo Comune a prendere in consegna il porto ed accollarsi le relative spese d’esercizio e manutenzione nel termine di giorni 15, sotto pena di azione giudiziaria e demandava alla Prefettura di intervenire per l’osservanza della legge 2 aprile 95 (art. 19 e 31).

   Ad impedire una tale minacciata azione si è avuto cura di rendere noto che ogni decisione per provvedimento di tanto danno, era doveroso interpellare il Consiglio Comunale che così ora è chiamato ad esaminare il caso e prendere le opportune decisioni. Sono da risolvere, a mio modesto avviso, i seguenti quesiti:

1°) Può e deve il Comune chiedere l’adempimento e quindi l’esecuzione da parte dello Stato del progetto 20 maggio 1919 del Genio Civile (Ing. Lo Gatto) approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nella seduta del 15 giugno 1919?

2°) Accertato in modo irrefutabile che al patrimonio comunale è derivato grave danno dalla mancata costruzione del Molo Sud, può e deve il Comune chiedere, se del caso, anche in via giudiziale il risarcimento di tutti i danni nei confronti dello Stato inadempiente e comunque colpevole?

3°) Deve invece il Comune aderire alla richiesta del Provveditorato delle Opere Pubbliche e alla intimazione dell’Avvocatura dello Stato e quindi riconoscere di assumere in proprio l’esercizio e la manutenzione del molo venendo così implicitamente a rinunziare alle possibilità di cui ai precedenti n° 1-2 e riconoscere che il nostro porto deve definitivamente ritenersi di quarta classe?

   Senza avere la pretesa né l’intenzione di influenzare la decisione che i Consiglieri dovranno prendere, sento il dovere di esprimere delle osservazioni che ho potuto desumere dall’esame di tutti gli atti esistenti a tal riguardo nel Comune e considerando le nostre impellenti necessità:

a) – è indubbio che lo Stato, decidendo l’esame del problema del nostro comune imposto e poi l’approvazione e il finanziamento del progetto dell’Ufficio del Genio Civile in data 20 maggio 1919, ha assunto verso il nostro Comune un regolare impegno a tutti gli effetti di legge, tanto più che la preventivata spesa doveva ritenersi compresa in apposito articolo di bilancio e disposta da particolari disposizioni di pubblico interesse. La parziale esecuzione di tale progetto costituisce una inadempienza denunziabile all’autorità giudiziaria specie perché è stata causa di ben noti gravi danni.

b) – dalla denunziata e riconosciuta inadempienza sono derivati al Comune ed ai privati, gravi e irreparabili danni parimenti riconosciuti dall’Ufficio del Genio Civile e dalla Prefettura, danni che hanno turbato r turbano gravemente l’economia del nostro paese. E’ noto infatti che per le difficoltà della spiaggia e del molo non è più consentito l’approdo delle barche pescherecce a vela e meno che mai motopescherecci che sono costretti ricercare il porto di Ortona appena il mare è mosso; la spiaggia è completamente distrutta; vi è incombente il pericolo alla ferrovia dello Stato ed alle strade. E poiché tutto deriva dalla incompleta e quindi dannosa costruzione del porto costruito per conto dello Stato, ne deriva che un’azione per ottenere la eliminazione della causa permanente del danno e per l’indennizzo dei danni patiti e paziendi dovrebbe rivolgersi allo Stato stesso. c) – assumere l’esercizio e la manutenzione del molo attuale, giusta richiesta del Genio Civile e la intimazione dell’Avvocatura dello Stato, significherebbe definitivamente rinunciare ai diritti derivanti dalle ragioni innanzi esposte e riconoscere che il nostro porto sia di quarta classe della seconda categoria, con le conseguenze di legge. Vi è motivo per sostenere invece che la costruzione esistente non possa e non debba assumersi il Comune perché essa deve ritenersi sempre di proprietà demaniale dello Stato, almeno fino a quando non sia completata l’opera progettata, rispondente alle finalità preventivate quali l’approdo confacente e sicuro delle barche a vela e motopescherecce, tutela e ripristino della spiaggia; tutela delle ferrovie dello Stato e della Sangritana. Lo Stato, infatti, fin qui ha provveduto a tali opere.

   Tutte le predette ragioni hanno indotto il Ministero all’approvazione ed esecuzione del progetto 20 maggio 1919 con la possibilità acchè il nostro porto, utilizzato nella sua progettata completezza raggiungesse anche e superasse il movimento merci di 10.000 tonnellate.

   Comunque allo Stato il Comune dovrebbe contestare l’obbligo che gli si vorrebbe imporre per un’opera non propria e di cui anzi contesta la dannosità. Premesso quanto innanzi sarebbe consigliabile prospettare la situazione alla Prefettura e suoi organi e richiedere anche il parere di un valente giurista sulle questioni innanzi prospettate. San Vito Chietino, 2 agosto 1951.