I sanvitesi (3) 

   Continuando il nostro discorso sulla storia del nostro paese analizziamo ora, in generale, il dominio di altri popoli dalle origini. Le prime conoscenze risalgono al periodo romano quando, dopo la sconfitta dei Frentani, le legioni romane presero possesso della nostra zona. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare esistono molti resti di questa presenza, che faticosamente si sta cercando di portare a conoscenza della cittadinanza, nonostante lo scarso interesse mostrato da parte dell'amministrazione comunale. Spero comunque che si arrivi ad una conferenza di studio su ciò che è stato il nostro passato e che naturalmente potrà diventare un punto di partenza per uno sviluppo culturale e, in ultima istanza, per richiamo turistico della nostra cittadina.

   Tornando alla storia possiamo con certezza affermare la presenza massiccia dei romani, specialmente nella zona che corre lungo il versante sud della Murata fino al mare dove esisteva (ed ora vi sono resti importanti) un bagno pubblico ed uno scalo marittimo di notevole importanza. Il suddetto bagno era quadrangolare e di circa 20 metri di lato col rivestimento di preziosi mosaici. Serviva a raccogliere l'acqua proveniente dai colli circostanti per un tratto di circa cinque chilometri e da qui una conduttura in terracotta riforniva di acqua potabile il porto di Ortona. Oltre a ciò resti di arte romana come resti di anfore, vasetti finemente lavorati e monete sono stati rinvenuti non solo in questa zona, ma anche più a sud del territorio di San Vito e verso l'entroterra.

   Successivamente San Vito subisce la dominazione longobarda di cui rimangono i resti del castello e dei toponimi come "gualdo" che significa bosco e che identificava la zona del porto ricavato appunto in una vallata fitta di vegetazione ed in cui scorazzavano allora numerosi cinghiali. Si arriva così al 942 anno In cui San Vito passa sotto il dominio dei Benedettini prima di Termoli e successivamente di San Giovanni in Venere e che durò fino al 1385, anno in cui, per vicende che non posso qui riferire per ragioni di spazio, il territorio di San Vito fu concesso in enfiteusi a Lanciano, che lo tenne fino al 24 giugno 1554, quando fu venduto, insieme a Paglieta, a Martino de Segura, presidente della Regia Camera di Napoli.

   In seguito Ferrante Caracciolo, principe di San Buono, accrebbe ancora i suoi feudi abruzzeso-molisani con l'acquisto, per 8100 ducati, di San Vito e Agnone. Ricordo che i Caracciolo possedevano già Castel di Sangro, Bucchianico, Monteferrante, Belmonte, Castiglione Messer Marino, Collerotondo, Schiavi, Fraine, Roccaspinalveti, Carunchio ecc... . Marino Caracciolo, figlio di Ferrante, firmò i capitoli dello Statuto comunale della Università (come allora si era soliti chia-mare un comune) di San Vito e dai quali possiamo trarre deduzioni interessanti quali l'aumento demografico che ne seguì, dovuto soprattutto ad una immigrazione abbastanza rilevante di gente che si sentiva protetta da un minimo di legge. Inoltre il peso fiscale che si pagava annualmente al padrone, valutabile sui 200 ducati, che, rispetto ai tempi, non era molto gravoso. Dallo stesso Statuto si rileva anche che i proprietari di terre erano ancora vecchie famiglie di San Vito come i d'Orazio, de Nardis, Flamminio, Di Cintio, Natarelli, de Sanctis, Mancini, Bianco, Marrone, Altobelli, di Francescantonio, della Fazia.